UN GIORNO IN BIBLIOTECA
Si sa, a me piace leggere. Mi piace passare le ore oziose leggendo, viaggiando con la mente in posti fantastici, o immergendomi in avventure, o storie vissute.
Così un giorno mi recai, con mio figlio dodicenne, in una biblioteca. Subito lui corse nel reparto “ragazzi” per scegliere un libro, mentre io, chiesi se era arrivato il libro che avevo prenotato. Quando lui venne a chiedermi aiuto, ci recammo insieme a cercare un buon libro da leggere, magari insieme. Lui si mise a scorrere i lunghi scaffali e, tutto a un tratto, mi guardò esclamando: “Mamma, questi sono proprio vecchi!” Io guardai il suo dito che indicava un’intera fila di libri consunti dall’uso e dal tempo.
Ne presi uno in mano e, improvvisamente, mi giunse un forte odore di carta logora e “vecchia”. Lo aprii delicatamente, come se avessi in mano qualcosa che si potesse rompere o rovinare al solo tocco della mia mano. Ogni foglio sembrava parlarmi. C’erano pagine intere ancora intatte, altre con “orecchie”, segno che qualcuno aveva lasciato una prova della sua lettura. Altre macchiate, forse una mano un po’ impiastricciata di marmellata, era quello che sembrava, aveva tentato di leggere o stava iniziando il suo cammino nel mondo della lettura. Altre pagine avevano delle righe sottolineate, qualcuno, di sicuro, voleva che quelle frasi gli s’imprimessero nella mente, o quelle frasi gli erano apparse importanti.
Saltai qualche pagina e, senza accorgermi, scivolò dal libro un foglietto. Era minuto e consunto anche lui, ma il suo contenuto si leggeva ancora chiaramente: “Ricordati mamma che ti voio bene”. Forse un bimbo, non ancora allenato nello scrivere, aveva voluto mettere su carta quello che il suo cuore, in quel momento, voleva dire a quello della sua mamma, sperando che, quando lei avrebbe ripreso la lettura del libro, lo leggesse.
Questo mi riportò alla realtà e cercai con gli occhi mio figlio. Lui si era sdraiato su un tappeto della sala, a leggere un libro, ed era talmente assorto che non si era neppure accorto che una bambina di qualche anno più piccola di lui, lo osservava e ne imitava le espressioni. Ero felice che finalmente avesse trovato quello che cercava.
Io mi sedetti su una poltroncina rossa addossata a una finestra, non prima di averla leggermente aperta. Una brezza leggera riempì la stanza, alleviando leggermente il caldo afoso che si era formato.
Così, più tranquilla di prima, ripresi la mia “esplorazione” del libro. Notai allora che c’erano anche delle notazioni scritte a matite. Qualcuno aveva voluto lasciare un segno del suo passaggio annotando quello che, la frase appena letta, aveva significato per lui. Poi, qualche capitolo più avanti, osservai un cartoncino inserito a modo di segnalibro: era azzurro con una frase o aforisma, di uno scrittore o un poeta famoso di cui ormai non si leggeva più il nome. Di sicuro se un detective lo avesse spolverizzato con qualche polverina particolare, chissà quante impronte ne avrebbe rilevato. Ognuno gli avrebbe parlato del suo passaggio su quel libro: peccato che non poteva parlare delle emozioni che il suo proprietario aveva provato.
Quanta gente aveva letto, sfogliato o solo guardato il libro che io, quasi gelosamente, tenevo in mano. Era come se quel libro ci legasse. Il passato, il presente e il futuro dello stesso, ora passava anche attraverso le mie mani. Questo m’incuriosiva al punto che, senza accorgermi, mi misi a leggerne alcune pagine.
Man mano, che le pagine scorrevano tra le mie mani, notai che qualsiasi cosa noi facciamo, rimane impressa per sempre. Se nessuno avesse letto quel libro, di sicuro si sarebbe lo stesso consunto dal tempo, ma non dalle mani di persone diverse, e non ci sarebbe nessuna impronta del loro passaggio, nulla che mi parlasse di loro. Un pensiero, allora, turbinò nella mia mente: volevo lasciare anch’io un segno del mio passaggio. Che cosa potevo lasciare? Allora presi dalla borsa una matita e infondo al libro, prima dell’indice, scrissi una semplice frase: “Grazie del delizioso viaggio fatto in tua compagnia!”
Già un viaggio. I libri ci insegnano a viaggiare. Viaggiare con la fantasia in posti unici meravigliosi. Il nostro viaggio lo possiamo fare solo noi, nessun altro è in grado di farlo. Magari lo può fare simile ma non identico al nostro.
Stavo ricordando il viaggio che il libro mi stava facendo compiere, quando udii un ragazzino che copiava il modo di leggere di mio figlio. Lui stava leggendo con voce moderata un libro. Non sa ancora leggere bene come un ragazzino di dodici anni, ma a suo modo riesce a capire quello che legge. Il modo di comportarsi dell’altro giovincello, non mi piaceva lo stesso: era alquanto sgarbato e irrispettoso. Per fortuna mio figlio non lo notava e continuava imperterrito a leggere. Quanto avrei voluto chiedergli cosa stava leggendo e cosa raccontava. Invece lo lasciai tranquillo alla sua lettura ansiosa di riprendere il viaggio.
Man mano che leggevo il libro ero rapita dai suoi personaggi e dai suoi protagonisti. Ogni volta che ne era descritto uno ecco che subito prendeva forma nella mia mente. Alcune volte erano dei buffi personaggi, altre volte erano dei seriosi signori. Quando poi parlava di maghi e streghe, la mia mente spaziava con la fantasia al punto che anche un orco sembrava buono come un bimbo.
Sironi Antonella
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